È capitato spesso, durante i volantinaggi, nei “buca a buca” per far sapere alle persone cosa significasse avere una sede di fascisti in città, che qualcuno ti rispondesse che, se questi sono gentili e non “disturbano”, non è un problema, almeno per loro. Come se il fascismo si potesse misurare con le buone maniere e non per le sue idee aberranti, basate sulla sopraffazione, sul razzismo e l’odio verso il diverso, con le sue pratiche infami fatte di pestaggi in dieci contro uno, molotov contro i campi sinti e accoltellamenti agli antifascisti.
Ci sono poi giornate come quella di oggi con l’anniversario della strage di Piazza della Loggia, e ci si rende conto che i fascisti sono anche altro rispetto a quello a cui si è dinanzi nella realtà odierna. Sono le bombe nelle piazze, nei treni, nelle stazioni. Sono quelli che organizzavano attentati dinamitardi per colpire indistintamente, con la finalità di terrorizzare la gente che ieri alzava la testa contro le miserabili condizioni di vita in cui giacevano.
Ed è in questi giorni che ci si accorge che, con chi basa le proprie valutazioni sui fascisti in base alla gentilezza, o a chi si accontenta del triste spettacolo della pacificazione sociale e della rivisitazione, che giustifica il terrore fascista con l’agghiacciante teoria degli opposti estremismi, (quella che oggi viene chiamata guerra tra bande), rimane poco da dirsi.
Con buona pace dei morti dilaniati dalle bombe fasciste. Come se i fascisti di oggi non avessero nulla da spartire con quelli di ieri.
Sono giorni come questi, in cui ci si accorge che c’è una differenza abissale tra chi lotta contro il fascismo ogni giorno e il teatrino delle commemorazioni delle istituzioni, degli articoli e i servizi dei giornalisti che nascondono e proteggono i fascisti di oggi.
Sono giorni come questi che ci si accorge che le celebrazioni non servono a nulla se non c’è collegamento, una continuità con quanto accade nel presente, che non c’è possibilità di confronto con l’indignazione nelle ricorrenze delle stragi “comandate”.