Chi vogliamo a fianco lo decidiamo noi. No alla sorveglianza speciale!

Riceviamo e pubblichiamo. Se toccano uno toccano tutti, a fianco di Massimo, preso di mira perchè “insuscettibile di ravvedimento”.

CHI VOGLIAMO A FIANCO LO DECIDIAMO NOI
NO ALLA SORVEGLIANZA SPECIALE

La sorveglianza speciale è una prigione senza sbarre.
Divieto di partecipare a manifestazioni, iniziative, assemblee.
Divieto di frequentare pregiudicati e locali pubblici.
Obbligo di soggiorno nel proprio comune di residenza e di permanenza notturna nella propria abitazione.
Nei casi più estremi, persino il divieto di incontrare più di tre persone alla volta.
Insomma, la versione democratica di quella misura che nacque sotto il trono dei Savoia come “ammonizione”e che sotto il tallone di ferro fascista impedì ai sovversivi persino di camminare sul marciapiede.
Come già capitato, specie ultimamente, a diversi compagni di molte città italiane, il 10 settembre il Tribunale di Trento deciderà se applicare la disposizione della sorveglianza speciale a Massimo, un anarchico compagno di tante lotte in Trentino e altrove.
Come sempre in questi casi, se chiamata a decidere è la magistratura, è la questura a richiedere la restrizione di un compagno definito “socialmente pericoloso”, ovvero colpevole di combattere l’ ingiustizia che si fa impresa, profitto, legge, istituzione.
Ciò che viene contestato a Massimo, in particolare, è la sua partecipazione alle occupazioni dell’ Assillo e alla mobilitazione contro la devastazione ad Alta Velocità in Valsusa (un’ ammonizione, questa volta collettiva, a che questa mobilitazione non prenda piede anche in Trentino).
Non ci stiamo proprio. Vogliamo continuare a scegliere chi avere a fianco nei nostri sentieri di lotta e di vita. E non accettiamo che un giudice decida al posto nostro.

“SOCIALMENTE PERICOLOSO”, OVVERO LETALE PER LA VITA E PER LA LIBERTA’, E’ CHE TUTTO RIMANGA COSI’ COM’E’.
ATTACCARE UNO SIGNIFICA ATTACCARE TUTTI, NELLE NOSTRE LOTTE COME NELLE NOSTRE VITE.
IMPEDIAMOLO!

|8 SETTEMBRE 2015 ORE 20.30|
PARCO MASO GINOCCHIO VIA G. GIUSTI TRENTO

>>ASSEMBLEA PUBBLICA


|10 SETTEMBRE 2015 ORE 11.00|
TRIBUNALE DI TRENTO LARGO PIGARELLI

>>PRESIDIO SOLIDALE

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Tre arresti fra Modena e Parma per l’incendio di una sede di Casapound

Da una nota reperibile in rete del CSA Kavarna di Cremona. Libertà per gli arrestati!

All’alba di venerdì 27 agosto due compagni di Modena e uno di Parma hanno subito una perquisizione abitativa da parte dei ROS di Parma e in seguito sottoposti agli arresti domiciliari con l’accusa di aver incendiato nell’aprile del 2014 un abitazione nel parmense nella quale alcuni simpatizzanti di Casapound avevano organizzato un’iniziativa denominata “The Revolution Party”.
I capi di accusa sono incendio, violazione di domicilio, porto di arma da guerra e porto di oggetti atti a offendere.
Non ci interessa sapere chi sia stato ma non possiamo che rallegrarci se le sedi dei fascisti vanno a fuoco.
Seguiranno aggiornamenti
Andrea, Tommi e Pippo liberi!
Tuttii/⁠e liberi/⁠e

Di seguito invece il comunicato della Palestra Popolare Teofilo Stevenson di Bologna.

La Palestra Popolare Stevenson vuole esprimere la piena solidarietà nei confronti dei compagni arrestati con l’accusa di essere implicati nei fatti di Parma 2014 riguardanti il danneggiamento di una sede dei fascisti di Casa Pound. Siamo vicini ai nostri compagni Tommi Andre e Pippo colpiti dalle misure cautelari che ancora una volta confermano l’accanimento giudiziario contro chi lotta quotidianamente nelle strade e nelle città per opporsi all’ignoranza e alla violenza dei nuovi fascisti.

Nessun processo puo’ delegittimare l’antifascismo, TOMMI ANDRE PIPPO LIBERI SUBITO!

Palestra Popolare Stevenson – Bologna

La villa di montagna dell'esponente di Casapound, utilizzata per un iniziativa del movimento neofascista nel 2013, dopo l'incendio.

La villa di montagna dell’esponente di Casapound, utilizzata per un iniziativa del movimento neofascista nel 2013, dopo l’incendio di cui sono accusati i tre compagni arrestati.

L'abitazione utilizzata come sede di CasaPound, e ribattezzata Pietranera 53.

L’abitazione utilizzata come sede di CasaPound, e ribattezzata Pietranera 53.

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“Siam fascisti, facciam politica con il coltello”: Trenta luglio alla ignis

Oggi 30 luglio ricorre l’anniversario degli scontri alla Ignis di Trento, riportiamo di seguito il testo della canzone dedicata a quell’episodio di antifascismo.

La "gogna" dei neofascisti della CISNAL condotti dal corteo operaio fino in città.

La “gogna” dei neofascisti della CISNAL condotti dal corteo operaio fino in Piazza Duomo

Trenta luglio alla Ignis

Questa mattina, davanti ai cancelli
sono arrivati trenta fascisti:

erano armati di bombe e coltelli,
questi di Borghi son gli squadristi.

Han cominciato tirando sassi

contro i compagni di un capannello;
alle proteste han risposto sparando:

tre ne han feriti con il coltello.

Noi operai gli siam corsi dietro
ma quei vigliacchi sono fuggiti,

approfittando della confusione
mentre portiamo in salvo i feriti.

Subito dopo la vile aggressione

ecco arrivare due capi fascisti;
van con la borsa dal porco padrone

a prender la paga pei loro squadristi.

Li abbiamo presto riconosciuti:
uno è Del Piccolo, quell’assassino,

e l’altro è Mitolo, capo fascista,
torturatore repubblichino.

Dentro la borsa, coi passaporti,

hanno una scure ben affilata:
questa è la prova che i due compari

la sanno lunga su come è andata.

Gli abbiamo fatto alzare le mani,
gli abbiamo messo al collo un cartello

con sopra scritto: « Siamo fascisti,
facciam politica con il coltello ».

E dalla Ignis fino in città,

mentre tremavano per la vergogna,
li abbiam portati in testa al corteo

e tutta Trento li ha messi alla gogna.

E in fin dei conti vi è andata bene,
perché alla fine della passeggiata

quella gran forca che meritate
non ce l’avete ancora trovata.

Cari compagni, quella gran forca

dovremo farla ben resistente,
per impiccarci, assieme ai fascisti,

il padron Borghi porco e fetente.

Cari compagni, quella gran forca
dovremo farla ben resistente

per impiccarci, assieme ai fascisti,
ogni padrone, porco e fetente.”

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[Roma]: Dall’infamia di Genova 2001 alla sceneggiata di San Nicola

La narrazione main-stream degli scorsi giorni a dato largo spazio ai fatti di Casal San Nicola, parlando di “scontri” fra neofascisti e forze dell’ordine. Questo contributo che segnaliamo aiuta a fare un pò di chiarezza su quali siano nel concreto i rapporti fra CasaPound e la polizia (al di là dei teatrini ad uso delle telecamere).

Da Infoaut

Camicia bianca, capello alla moda e jeans. Abiti civili per il dirigente della piazza durante gli scontri fra neofascisti di Casapound e polizia in via del Casale di San Nicola, periferia residenziale di Roma. È lui l’agente che, avvicinandosi ai neofascisti, avvisa i camerati: “Mi sono arrivati due sassi in testa, se non ve ne andate vi arresto tutti”.

Adriano Lauro a Casal San Nicola.

Adriano Lauro a Casal San Nicola.

Il dirigente in questione è Adriano Lauro (nella foto a destra in camicia bianca), un nome riconducibile alle giornate di Genova 2001 e più precisamente alla drammatica giornata del 20 luglio 2001, quando il compagno Carlo venne ucciso dal proiettile sparato dalla pistola del carabiniere Mario Placanica (indagato per omicidio e poi prosciolto per legittima difesa e uso legittimo delle armi…)

In quella giornata, nella quale oggi ricorre l’anniversario dell’uccisione di Carlo, il solerte Lauro, vicequestore addetto alla gestione dell’ordine pubblico, gridava a un manifestante in piazza Alimonda: “Bastardo! Lo hai ucciso tu, lo hai ucciso! Bastardo! Tu l’hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda! Col tuo sasso l’hai ucciso! Prendetelo!”. Parole infami con le quali cercava fin da subito di depistare quanto era accaduto, cercando di addossare la colpa della morte di Carlo a un generico manifestante che in quel momento si trovava in piazza a Genova.

Tanti anni sono passati da quel 20 luglio 2001. Da Genova a Roma, Lauro – che ricopre tuttora la stessa carica di Genova – in via del Casale di San Nicola ha fronteggiato manifestanti che conosce bene. Il figlio è stato militante di Casapound fino al 2013, e con lui si suppone continui a condividerne gli stessi valori e sentimenti. Ovviamente, sceneggiate a parte.

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[Treviso, Roma, Livorno]: La calda estate degli sciacalli fascisti sulla pelle dei migranti

Riportiamo un articolo da Infoaut che fa una breve panoramica di alcuni tra gli ultimi episodi anti-immigrati variamente cavalcati e/o organizzati da gruppi neofascisti (negli ultimi giorni ci sono stati episodi analoghi, spesso “emulativi” – con riferimenti espliciti ai fatti di Quinto e Casal San Nicola, per esempio a Verona e Napoli).

Da Infoaut

Roma, Treviso, Livorno. Si moltiplicano gli episodi che vedono i cittadini di “buon senso” schierarsi contro l’ “emergenza migranti”. Così vengono raccontati sul mainstream le operazioni di sabotaggio dell’accoglienza ai rifugiati messe in atto in queste ore da tutte le formazioni della destra fascista e razzista, dalla Lega a CasaPound. C’è chi soffia pericolosamente sul fuoco di una contraddizione riguardante i processi di impoverimento e la presenza e il ruolo dello Stato nei territori nella gestione dei flussi migratori. Ma i migranti in queste storie non si vedono mai. Contano, per gli sciacalli, solo come capro espiatorio; come presunti beneficiari dei privilegi accordati loro dallo Stato che tradirebbe così i suoi cittadini nella continua rapina di reddito, garanzie e possibilità a vantaggio di chi passa per il nostro paese. Nel tentativo di costruire un terreno di consenso sulla reazione alla privazione la prepotenza dei governanti e delle autorità è usata dagli sciacalli fascisti strumentalmente e a senso unico: rappresentarsi contro lo Stato per essere contro i migranti.

Proviamo a ricostruire i fatti principali.

Roma. Oggi, Casal San Nicola. Casa Pound, l’alleata del fu sindaco Alemanno, organizza un presidio davanti alla Scuola Socrate dove dovrebbero essere ospitati 19 rifugiati. A una trentina di militanti neofascisti si affianca qualche residente di questa periferia residenziale di Roma Nord, le cui prime abitazioni si trovano a un paio di chilometri dalla scuola. La riapertura della struttura come plesso scolastico veniva rivendicata da tempo dai residenti perché la zona è priva di tanti servizi essenziali. All’arrivo del pullman con i rifugiati la polizia sgombera il blocco che vuole impedire l’accesso al centro. Qualche spintone. Casa Pound vola sulle prime pagine.
A Casal San Nicola si gioca da alcuni mesi una partita importante per la destra romana: a maggio il movimento “Nessuno tocchi il mio popolo” (sigla che raggruppa Forza Nuova e il Movimento Sociale di Iorio) aveva piazzato le tende nei pressi del quartiere chiedendo che la struttura destinata all’accoglienza dei rifugiati fosse invece dedicata alle famiglie italiane in emergenza abitativa. Il primo “campo profughi per italiani”, come è stato ribattezzato dai fascisti, faceva maturare l’emergenza sociale sull’abitare contro l’accoglienza dei migranti senza mai attaccare i veri responsabili dell’emergenza abitativa.

Residenti contro i rifugiati a Casal San Nicola

Residenti contro i rifugiati a Casal San Nicola

Treviso. Due giorni fa a Quinto alcuni residenti scendono per strada inscenando una protesta contro i nuovi ospiti in una palazzina di 28 appartamenti: 101 rifugiati di Nigeria, Mali e Ghana e Gambia. Lo stabile, la cui proprietà era fallita, era stato ceduto dal curatore fallimentare, dietro pagamento di lauti rimborsi, ai progetti per l’ospitalità previsti dal modello Maroni. Nella notte i militanti di Forza Nuova sfondano la finestra al primo piano della palazzina e trafugano parte del mobilio che avrebbe dovuto arredare gli appartamenti. Televisori, vestiti, tavoli e sedie vengono ammucchiati in mezzo alla strada e dati alle fiamme. L’indomani mattina il governatore leghista Zaia si precipita a Quinto sperticandosi in dichiarazioni bellicose verso il Prefetto (come se non avesse fatto il suo gioco!) e in difesa dei “cittadini di buon senso”. Sia chiaro, quello del razzismo è il campo della Lega, nessuno spazio ad altri fascisti nel Veneto. Nella tarda mattina di oggi, mentre un presidio antirazzista davanti alla Prefettura di Treviso veniva sgomberato con il fermo di diverse decine attivisti, il sindaco di Quinto affermava che avrebbe trasferito i migranti in una caserma dismessa.

Rogo a Quinto (TV)

Rogo a Quinto (TV)

Livorno. Venerdì scorso i rappresentanti locali e regionali della Lega Nord si danno appuntamento davanti alla casa famiglia “il Melo”, una struttura riservata a giovani donne in gravidanza o a madri in difficoltà con figli piccoli. Vogliono protestare contro l’arrivo annunciato di 5 profughi, minori non accompagnati, da ospitare nella struttura ma in un’ala separata. A far montare la proteste una delle ospiti del centro, una militante del Carroccio decisamente più determinata a blindare il centro ai minori africani – la cui ospitalità è pagata con fondi europei – che a denunciare i tagli ai servizi sociali del comune di Livorno che impediscono alla struttura di accogliere altre mamme. Martedì pomeriggio scatta il blitz di Salvini in “difesa delle mamme”. Fuori dal centro, ad accogliere l’avvoltoio con il suo codazzo di giornalisti e fotografi, si presenta però anche un folto gruppo di contestatori. Il giorno dopo le mamme salviniane sbarcano su rete 4. (qui si può leggere un utile approfondimento sulla vicenda da Senza Soste).

Intanto, nel silenzio generale, da oltre un mese ancora resiste a Ventimiglia il presidio sugli scogli dei migranti. In prima persona si sono messi a lottare per conquistare il diritto alla mobilità. Contro ogni retorica strumentale che da destra ricusa il lassismo dell’accoglienza da parte delle istituzioni, Ventimiglia dimostra che per rompere le gabbie e i confini della Fortezza Europa bisogna costruire nuove alleanze su una disponibilità a mettersi in gioco a partire dal mettere in discussione il “modello di accoglienza” e di “gestione dei flussi migratori” voluto e imposto su più livelli dalle istituzioni. Dal canto nostro occorre guadagnare le nostre forme di presenza nei territori per contrastare le operazioni di sciacallaggio assolutamente interne a una gestione dall’alto della questione, come dimostrato dall’ampia esposizione mediatica concessa a questi fatti recenti e alla costruzione artificiosa della finta “emergenza profughi”.

Sarà una lunga estate

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