Ai sinceri democratici pt. 2: Fascisti italiani in Ucraina? Una storia lunga

La nuova “sezione” Ai sinceri democratici, con degli estratti di articoli da diversi siti di (contro)informazione, getta lo sguardo su quanto sta accadendo in questo paese e nel resto del mondo per quanto riguarda i nuovi fascisti e le loro (in)degne mansioni. Un aiuto per i nostri cari sinceri democratici trentini, che vivendo per lavorare, con molta probabilità si informano e leggono soltanto i vari mass media locali (e non) che sono un fulgido esempio di giornali infatwati della verità. Questa sezione vuole essere un contributo per degli spunti di riflessione, per poter andare un poco oltre a quanto viene propinato dall'”informazione”.

da contropiano.org

Fascisti italiani in Ucraina? Una storia lunga

ucrainaitalia

Ci sono dei mercenari fascisti che combattono in Ucraina insieme ai loro camerati di Pravi Sektor? In rete circola la foto e la notizia della presenza in Ucraina di tale Francesco Saverio Fontana, alias Francois Xavier Fontaine, alias Stan. Secondo alcune fonti, Fontana sarebbe un sodale di vecchie conoscenze del neofascismo italiano come Gabriele Adinolfi (tra di fondatori di Terza Posizione e oggi intellettuale di riferimento per Casa Pound), la foto lo mostra con la maglietta dell’omonimo gruppo anche se smentisce di esserne un militante. Ma è proprio un certo “Stan Ruinas” intervenendo sul forum fascista di Viva Mafarka il 3 maggio scorso, che dà la sua versione in primapersona di quanto accaduto ad Odessa: “Non sono un militante di Casa Pound che per altro stimo. Non mi vanto dei morti bruciati vivi. Ci hanno sparato e fatto 3 morti. La gente si è arrabbiata ed è successo per stanarli. Come PS e Self Defence ne abbiamo preso prigionieri 8 un po ammaccati ma nessuno li tocca più. Non è nello stile della Casa e della gente”.

La presenza di fascisti italiani in Ucraina è accertata, ma da quanto si deduce dai forum e dai siti neofascisti lo è anche in Russia; è in corso su questo un asprissimo dibattito tra le varie “anime nere”. Un dibattito che il “teorico” Adinolfi liquida così: “per tutti coloro che su Pravy Sektor e sui nazionalisti ucraìni sono perplessi o tendenzialmente ostili, esistono due possibilità nel muovere la loro critica: comportarsi o come i pussisti o come Evola. Nulla di più facile: seguite la vostra natura, perché non è solo questione di cultura ma soprattutto di razza dello spirito. E quella è quella che è: non si riesce a simularla né a dissimularla, emerge nella sue essenza”. Adinolfi contrappone gli atteggiamenti dei fascisti che erano stati interventisti nella prima guerra mondiale contro Austria e Germania (quindi Mussolini, Corridoni, D’Annunzio, Marinetti) con quello di Evola che invece sosteneva che bisognava schierarsi con gli Imperi Centrali. Tra i due Adinolfi mostra di preferire il secondo.

Ma la vicenda della presenza dei fascisti nel conflitto in Ucraina ci rimanda a vicende analoghe già segnalate in occasione dell’arruolamento di fascisti italiani tra i miliziani croati, durante la guerra civile che ha insanguinato la Jugoslavia negli anni Novanta. Una esperienza bellica che è stata decisiva per la costituzione di una rete di “uomini neri” addestrati militarmente. Il vero crocevia di questa rete sembra essere stata infatti la Croazia e la comune esperienza accumulata nella guerra civile secessionista. In quel conflitto, fascisti italiani, slavi, francesi, tedeschi etc si ritrovarono insieme nelle milizie paramilitari fasciste del Partito del Diritto Croato (HOS). Anche sulla guerra civile in Jugoslavia il mosaico neofascista italiano ha conosciuto – come oggi sull’Ucraina – le sue divisioni. In gran parte filo-croati (i croati sono cattolici, molti sono anticomunisti e gli ustascia furono alleati del nazifascismo), solo alcuni settori della destra si schierarono con la Serbia (ortodossa e filorussa), in modo particolare sulla questione del Kosovo dove gli albanesi erano musulmani e agiva l’innaturale alleanza tra jihadisti e Stati Uniti che aveva mosso i suoi passi in Bosnia negli scontri precedenti.
La Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle stragi, a cavallo tra il 2000 e il 2001, chiese al Ministero degli Interni e al ROS dei Carabinieri l’acquisizione dei “Dossier balcanici” contenenti una ventina di nomi di neofascisti che avevano combattuto in Croazia e Bosnia durante la guerra civile che dilaniò la Jugoslavia negli anni ’90. (1)
In quelle settimane si stava indagando sull’attentato dinamitardo contro Il Manifesto che portò al ferimento e all’arresto dell’attentatore – il noto neofascista Andrea Insabato. Quest’ultimo, nel 1991 aveva promosso l’arruolamento in Italia di mercenari disposti ad andare a combattere per “la sorella Croazia che ora ha un nemico più grande. Si deve difendere dai serbi e dai comunisti”. Per la polizia c’erano almeno una trentina di neofascisti esperti di esplosivi e una ventina di loro aveva combattuto in Jugoslavia. (2)
Il sito antifascista francese “Reflex” riferisce che neofascisti francesi, italiani e tedeschi, furono integrati in Croazia e Bosnia nella “Legione Nera”, derivazione balcanica messa in piedi dall’organizzazione fascista francese Nuova Resistenza nell’estate del 1991, ossia nello stesso periodo dell’arruolamento avviato da Andrea Insabato e dal suo gruppo “Rinascita Nazionale”. Ma se il progetto di Insabato si arenò – il suo progetto era una sorta di linkage con la destra croata che prevedeva l’aiuto militare italiano in cambio delle zone croate rivendicate dall’Italia – i fascisti italiani rimasero lo stesso a combattere nelle milizie paramilitari in Croazia e Bosnia contro serbi e musulmani (3).
In quel contesto si ritrovarono insieme un vasto raggruppamento di “uomini neri” non solo dell’Europa occidentale ma anche ungheresi, rumeni, ultracattolici irlandesi, personaggi del tutto simili a quelli che abbiamo trovati coinvolti nelle vicende più recenti.
Un ruolo centrale nel finanziamento dei gruppi fascisti nei Balcani, chiama in causa quella che possiamo definire la “Holding nera” cioè il complesso impero finanziario messo in piedi in Gran Bretagna dai fuoriusciti neofascisti che gravitavano intorno a Terza Posizione e che oggi animano la più forte tra le organizzazioni neofasciste italiane: Forza Nuova.

Le più note società che fanno capo ai neofascisti italiani in Gran Bretagna sono le agenzie turistiche Easy London e i circa 1.300 negozi della catena Meeting Point. “Altre importantissime fonti di finanziamento del movimento sono due organizzazioni ultra cattoliche, che fin dagli inizi della latitanza hanno offerto a Fiore e Morsello protezione, ma soprattutto danaro, sono la St.George Educational Trust e la St.Michael Arcangel Trust, vale a dire enti per la promozione degli insegnamenti della chiesa cattolica. Della prima – afferma l’autore del libro “Trame Nere” Giuseppe Scaliati – secondo il quale “Fiore è amministratore ed è direttamente collegata alla St.George League, un piccolo e ricchissimo gruppo nazista in contatto con personaggi e fondi delle ex SS; la seconda, al pari della prima in quanto a ricchezza, prende il nome dall’Arcangelo Michele, santo patrono dei miliziani della Guardia di ferro del leader fascista rumeno Corneliu Codreanu”. E’ inquietante il nome scelto. Come noto Forza Nuova è stata fondata il 29 settembre del 1997 , il giorno di San Michele. Dietro un rassicurante e molto cristiano nome come quello dell’Arcangelo Michele agiva proprio la Legione dell’Arcangelo Michele nella Romania fascista degli anni trenta e quaranta.

Ma non è tutto, un‘altra inchiesta giornalistica ha portato alla luce l’esistenza del “Gruppo dei Quaranta”. Il gruppo che utilizza anche i fondi della “Third Position International” e che doveva acquisire un intero paese in Spagna per farne una sorta di zona liberata nera. “Le tracce del gruppo” scrive Guido Olimpio, l’esperto di intelligence del Corriere della Sera “sono state individuate nella ex Jugoslavia, in Italia e ovviamente in Gran Bretagna. Usando come copertura ditte e società, i neonazisti hanno arruolato lo scorso anno volontari da inquadrare nelle unità paramilitari della milizia croata HOS. Aiuti alla fazione sono stati inviati da Third Position International che ha patrocinato raccolte di denaro “in favore dei bambini croati”. Ed ancora “E’ probabile che attraverso il centro di reclutamento i neofascisti siano riusciti a raccogliere miliziani dell’ultradestra europea disposti a dar manforte ai camerati croati”. Sempre secondo Olimpio, il terminale italiano del “Gruppo dei Quaranta” è una rete che raccoglie i resti di varie formazioni (neofasciste, NdR) come i NAR, Ordine Nuovo e Terza Posizione (5).

C’è ancora tanta brutta gente in giro, anche in Ucraina. Antifascisti sempre!!

Fonti:

(1) Gianni Cipriani, Il Nuovo 23 dicembre 2000/ Indymedia Lombardia

(2) Atti della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle Stragi, seduta di martedi 9 gennaio 2001

(3) Sia il sito antifascista “Searchlight” sia The Guardian pubblicarono ampi servizi su questo

(4) Giuseppe Scaliati, “Trame Nere”, edizioni Frilli 2005

(5) Guido Olimpio, in Corriere della Sera del 24 novembre 1997

http://contropiano.org/politica/item/23793-fascisti-italiani-in-ucraina-una-storia-lunga?highlight=YToxOntpOjA7czo3OiJ1Y3JhaW5hIjt9

 

 

 

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24 maggio: Concerto Antifascista

Questo concerto non è solo un momento di socialità e divertimento, ma anche un occasione per riflettere su ciò che ci accade attorno.

A Trento, dopo l’apertura di Casapound, la presenza squadrista e fascista è sempre più invasiva.

Opporvisi è necessario e crediamo ci siano molte maniere per farlo.

Rivendichiamo un antifascismo di cui anche la musica è strumento e presa di posizione.

 

concertoWEB

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…E DACCI OGGI IL NOSTRO PANICO QUOTIDIANO!

Da quando CasaPound ha aperto la sua sede al “Baluardo”, i fascisti del terzo millennio hanno potuto contare su un clima mediatico ed istituzionale favorevole al loro progetto di radicamento ed espansione a Trento.
Il finto bipolarismo tra centrosinistra e centrodestra, che a livello di giornali locali si riflette nel sostanziale duopolio de “Il Trentino” e “L’Adige”, ha infatti espresso un unico discorso di mummificazione dei valori antifascisti e di demonizzazione delle pratiche a questi conseguenti.
Nel campo del centrodestra il discorso ha assunto i toni beceramente chiari a cui ormai siamo purtroppo abituati. L’Adige non ha perso occasione di elogiare l’operato “culturale” dei fascisti e il loro bon ton di facciata, dando enorme visibilità alle iniziative del “Baluardo”.
Parallelamente, partiva l’attacco agli antifascisti. Esso ha assunto sin da subito i contorni dell’ennesima campagna di panico morale contro il nemico pubblico del momento. Il nove novembre, giorno delle manifestazioni contro l’apertura di CasaPound, veniva descritto come “giornata della paura”. Peccato che ad avere paura quel giorno fossero solo i fascisti rinchiusi nel loro covo, la polizia che li difendeva e i giornalisti con essi conniventi.
La campagna di demonizzazione veniva in seguito confezionata nell’inedita versione della Guerra Santa contro gli antifascisti. Non a caso l’editoriale di Giovanetti del 20/11/13, all’indomani dell’apertura di CasaPound, si intitolava “l’autogol della Fatwa democratica” per bollare come fanatici gli antifascisti e paragonare la volontà di chiudere CasaPound alla persecuzione dei nazisti contro rom, omosessuali ed ebrei. D’altronde gli antifascisti dalle colonne dello stesso giornale erano pochi giorni prima stati accomunati ai fascisti e ridicolizzati come nostalgici dal sociologo Rauzi.
Non va sottovalutato il ruolo che nella costruzione della Crociata editoriale dell’Adige assumono le lettere e i commenti dei lettori, selezionati e pubblicati dalla redazione solo se rispettano criteri minimi di bigottismo e irragionevolezza.
Così, il 14/04/2014, il giorno dopo il flash-mob delle Sentinelle in Piedi a difesa della famiglia tradizionale (contrastata con una presenza colorata nella stessa piazza e cartelli che segnalavano la presenza dei fascisti di Fiamma Tricolore tra le fila delle Sentinelle), vengono pubblicate lettere in cui si ravvisano nella contestazione contro l’integralismo cattolico “prove tecniche di totalitarismo” e l’“agonia dello stato di diritto” e si invita la polizia a reprimere questi “gruppi di violenti” prima che ci “scappi il morto”.
Copione simile all’indomani di un presidio antifascista in Piazza S. Maria Maggiore. Un banchetto con materiale informativo e qualche striscione appoggiato sulle pareti della chiesa viene raccontato sul giornale dal lettore baciapile di turno come un’invasione di “lanzichenecchi” che impediscono fisicamente (!) la possibilità di entrare in chiesa a pregare.
Nel campo del centrosinistra di governo il discorso è stato meno virulento ma non meno pericoloso. Esso si è declinato in un richiamo meramente retorico ai valori della Resistenza di ieri al fine di esorcizzare le resistenze di oggi.
Paradigmatiche le posizioni dell’ANPI. Si passa dal timido “aprire il Baluardo a Trento è una provocazione”, al risentito “chiudere la sede dei fascisti, se ci rubano la corona di fiori”, fino alle dichiarazioni del vicepresidente dell’ANPI per le quali “i fascisti vanno bene se rispettano la legge”.
Non un riferimento alle aggressioni dei fascisti mentre si abbraccia senza remore il dogma legalitario morte di ogni resistenza e brodo di coltura di fascismi vecchi e nuovi (il presidente dell’ANPI Schmidt sostiene ancora la necessità di mettere fuori legge CasaPound, facendo finta di non sapere che partiti e organizzazioni neofascisti esistono in Italia dal 1946).
D’altronde anche il PD, casa-madre dell’ANPI qui in Trentino, si attesta su queste posizioni. In questa prospettiva si spiega il sostanziale silenzio tenuto sul tema CasaPound dall’apertura del “Baluardo” ad oggi.
Curiosamente, la prima volta che il sindaco Andreatta ha pronunciato la parola baluardo è stata nel suo discorso alla manifestazione istituzionale del 25 aprile, quando ha dichiarato: “la pace, la fratellanza europea, la difesa dei valori comuni di cui l’Europa si è fatta baluardo: questo il compito dei Resistenti dei nostri giorni”. La pace sociale e la difesa delle istituzioni costituiscono il programma del PD, ma non erano di sicuro ciò che motivò molti partigiani a combattere il fascismo. D’altra parte la prima dichiarazione di Andreatta sull’apertura di una sede di CasaPound era che se si trattava di una nuova associazione culturale non c’era alcun problema.
Al contrario, il corteo pomeridiano del 25 aprile è stato caratterizzato dalla volontà di rendere vivo il ricordo della Resistenza partigiana. Si è così segnalata la sua continuità con le lotte (No Tav in primis) che oggi si dispiegano contro quel sistema di ingiustizie di cui proprio il PD è a pieno titolo amministratore e garante, sia a livello provinciale che nazionale.
Quanto questo messaggio abbia dato fastidio al centrosinistra locale lo si può evincere da due considerazioni.
La prima riguarda il trattamento riservato al corteo da “Il Trentino”, giornale del gruppo Espresso e quindi naturale megafono di quell’area politica, il quale si era già distinto per avere sempre trattato la lotta antifascista come questione tra opposti estremismi.
In riferimento al corteo, dopo avere nei giorni precedenti agitato lo spettro dell’“alta tensione” in città, è uscito con un resoconto della giornata dai toni ridicolizzanti e demenziali che invitiamo tutti gli amanti del genere comico a reperire su internet.
Il secondo indice dell’ostilità del centrosinistra verso gli antifascisti è la mancata presa di posizione nei confronti dell’ultima dichiarazione pubblica del leghista Boso, probabilmente inviperito per l’equiparazione fatta dagli antifascisti (non solo dagli anarchici dunque) tra leghismo e fascismo.

Se nemmeno il sostanziale invito a prendere le pistole e sparare sugli anarchici provoca una reazione di sdegno neanche da coloro che si definiscono democratici, abbiamo un’ulteriore conferma che nostri nemici a Trento non sono solo i fascisti.
Questo è il clima, noi continueremo ad andare in direzione ostinata e contraria.

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Sei anni dall’uccisione di Nicola Tommasoli

tommasoli-3-526x330Un pensiero va a Niccolò Tommasoli, a sei anni dalla sua morte.

A Verona, nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, Niccolò Tommasoli e due suoi amici venivano aggrediti per strada da cinque fascisti, tutti giovanissimi, uno di loro faceva parte di blocco studentesco. Muore pochi giorni dopo in seguito ai traumi subiti.

I giornali parlarono di aggressione da parte di cinque ragazzi, il sindaco Tosi di un evento che capita una volta su un milione. Poco importa se pochi mesi più tardi, sempre a Verona, una ragazza rischia di perdere l’occhio per un posacenere lanciatole in faccia da dei fascisti durante una loro aggressione.

Poco importa. Sta di fatto che Niccolò è morto per un’aggressione da vigliacchi, da fascisti.

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Ai sinceri democratici pt. 1

Da radioblackout.org;
 

Veneto. Profondo nero

Il recente arresto di 24 indipendentisti veneti accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di sovvertimento dell’ordine democratico ha riacceso i riflettori sul nord est. L’immediato schierarsi della Lega Nord a fianco degli arrestati ha una forte ambivalenza. Buona parte degli arrestati hanno attraversato, a volte da protagonisti, il sentiero leghista, ma non ne fanno (più) parte. Anzi! Spesso sono aspramente critici verso la Lega, accusata di tradimento della causa del Nord.L’attuale dirigenza leghista ne è certo consapevole, ma probabilmente spera di ridare una pennellata di colore ad un’immagine appannata dalle innumerevoli indagini per l’uso “allegro” delle finanze pubbliche. Le elezioni sono vicine e i pronostici poco accattivanti, al punto che dopo l’avanzata del Front National alle elezioni amministrative francesi, Marine Le Pen preferisce corteggiare un recalcitrante Grillo. Grillo a sua volta cerca di dare la spallata definitiva alla Lega, alludendo ad un Italia prerisorgimentale, divisa in grandi Stati.
A Verona il sindaco Flavio Tosi era riuscito in parte a smarcarsi dalla debacle leghista, dopo gli scandali che hanno fatto a pezzi il cerchio magico bossiano. 
Uno smarcamento costruito nell’alleanza con il fior fiore della Verona fascista, cui ha assegnato posti di potere e ampia impunità alle squadracce che agiscono indisturbate in città.

Miglioranzi e Tosi, corteo di Fiamma Tricolore

Miglioranzi e Tosi, corteo di Fiamma Tricolore

Anche Tosi deve tuttavia fare i conti con un’inchiesta sulla gestione allegra della cosa pubblica che rischia di travolgerlo. Tosi è l’emblema di un Veneto nerissimo, la cui storia è ben più inquietante di quella dei secessionisti arrestati. Lo stesso Tosi è stato condannato per propaganda razzista. Nella sua amministrazione sono entrati fascisti come Andrea Miglioranzi, uno dei fondatori di “Veneto fronte skinhead” e leader del gruppo nazi-punk “Gesta Bellica”, i cui testi antisemiti e xenofobi esaltano Erich Priebke e Rudolf Hess. Tosi nel 2006 lo aveva nominato con la nazionalalleata Cametti a capo dell’Istituto veronese per la Resistenza. La poltrona gli scottò presto le natiche e fu obbligato ad abbandonarla dall’ondata di indignazione che si levò anche nella nerissima Verona.

Gesta Bellica

Gesta Bellica

Il blocco di potere che si è raggrumato intorno a Tosi allunga un’ombra scura sul Veneto della piccola imprenditoria feroce del miracolo ormai abortito. Tra sghei e saluti romani il tanko di provincia, pare meno importante. Resta il fatto che, nonostante i media e gli stessi protagonisti abbiano scelto l’abusato cliché del “golpe” da operetta, il fantasma feroce dei nazionalismi che hanno insanguinato l’Europa a cavallo tra i due secoli, ci ricorda che, nonostante il folclore, il sogno delle piccole patrie potrebbe trasformare anche da noi la farsa in tragedia. Ne abbiamo parlato con Emanuele Del Medico, già autore de “All’estrema destra del padre”.

http://radioblackout.org/2014/04/veneto-profondo-nero/ 

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