Di foibe si iniziò a parlare nel secondo dopoguerra, per giustificare il rifiuto dell’estradizione di criminali di guerra italiani in Jugoslavia. Nel 2004, su iniziativa sia dei post-fascisti traghettati nel “centro-destra” sia di un “centro-sinistra” incline all’unità nazionale, fu istituita – per la data del 10 febbraio – la Giornata del Ricordo, “al fine ricordare, fare conoscere e perpetuare la millenaria storia e presenza italica nelle stesse terre [Istria, Fiume e Dalmazia], nonché la tragedia delle migliaia di italiani nelle foibe istriane e dell’esodo di 350 mila istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra”.
Per gruppi come Casapound questa è la giornata dell’orgoglio fascista, occasione per riabilitare criminali di guerra, fascisti e collaborazionisti, nonché per ottenere una legittimità politica, supportata dal riconoscimento dello Stato.
A Trento è un modo per poter essere presenti, facendosi scudo dei morti e di una memoria storica sfocata, nelle strade di una città che in questi mesi ha dimostrato di non volerli.
La vicenda del “confine orientale” è l’esempio di come il nazionalismo sia morte e distruzione.
Già i “patrioti” italiani dell’Ottocento affermavano la necessità dell’annientamento della componente slava. La crisi dello stato liberale diede carta bianca alle azioni di stampo fascista, finanziate dalla borghesia, contro il movimento operaio e contro sloveni e croati. Con il fascismo iniziò una guerra senza quartiere a coloro che erano definiti “allogeni”, cioè estranei, concretizzatasi in una politica di italianizzazione forzata, segnata da episodi brutali quali la Strage di Strujan, dove le camice nere spararono per diletto su bambini slavi, uccidendone due, e l’incendio del Narodni Dom a Trieste, sede delle organizzazione slovene.
La guerra, oltre a stupri, omicidi, rastrellamenti, incendi di interi villaggi, permise al regime di allestire nei territori invasi una vasta rete di campi di concentramento per slavi, non dissimili da quelli nazisti, in cui vennero internati migliaia di civili. In uno di questi, a Gonars, morirono 500 persone, fra cui almeno 70 bambini.
Le foibe, cavità carsiche naturali, divennero fosse comuni, usate dagli occupanti fascisti per quella che era un’autentica pulizia etnica ai danni delle popolazioni “non-italiane”.
Con la vittoria delle formazioni partigiane non mancarono i regolamenti di conti e nelle foibe ci finirono numerosi torturatori fascisti, ma non parliamo certo delle cifre mirabolanti riportate dai “revisionisti storici”, che arrivano a parlare di 20.000 “infoibati”. Per la precisione sono da individuare due periodi distinti. Nel 1943, durante la conquista temporanea di quei territori da parte dei partigiani di Tito, vi furono episodi di giustizia sommaria dei soggetti più compromessi con il regime fascista, per lo più da parte dei contadini croati. Secondo fonti nazifasciste i morti nelle foibe istriane in quel periodo furono dai 300 ai 400 (le salme recuperate sono in realtà 200). Successivamente, nel maggio 1945, furono fucilate 500 persone, di cui venne per lo più accertata dal Tribunale Militare la passata appartenenza a forze militari o collaborazioniste del nazifascismo. Solo alcune decine vennero realmente “infoibate” e per queste morti vi furono nei mesi successivi processi e condanne, da cui risultò che si era trattato in genere di vendette personali nei confronti di spie o soggetti ritenuti tali.
Sicuramente ci andarono di mezzo anche persone che nulla c’entravano, ma è questo ciò che accade in guerra: una guerra voluta dal regime fascista, con le sue mire imperialistiche e le sue teorie razziste.
Fuori dalle retoriche ufficiali, che vorrebbero tutti uguali, fascisti e antifascisti, oppressori e oppressi in rivolta, noi siamo qui per ricordare.
Ricordiamo i morti provocati dal fascismo, i campi di concentramento per la popolazione slava nei territori occupati dall’esercito italiano, le rappresaglie contro i civili inermi per colpire la resistenza partigiana.
Ricordiamo i compagni ammazzati dalle squadracce al soldo – come sempre – dei padroni di turno, in un dopoguerra che lasciò i fascisti al loro posto, sancendo una Liberazione incompleta.
Ricordiamo le vittime delle bombe nere piazzate dai fascisti con la copertura dello Stato nelle piazze e sui treni negli anni ’70 e ’80.
Ricordiamo gli immigrati pestati e uccisi dagli odierni difensori della Razza e della Nazione.
Ricordiamo qual’è l’operato di Casapound dalla sua nascita, in perfetta continuità con i suoi padri in camicia nera.
Per questo non daremo loro tregua e invitiamo tutte e tutti coloro che hanno a cuore la libertà e che disprezzano i burattini del potere, a scendere sempre in strada contro di loro.
Assemblea antifascista Trento